In Barbera e Pigato non troverete post sui 10 motivi per fare una cosa o per non farla (come nei blog cool), ma solamente un motivo molto interessante per leggerlo. Parla di un bellissimo progetto: il restauro di una vigna. Protagonista dell’impresa è Alessandro Del Grosso, un giovane sano che non sembra cresciuto nell’Italia degli ultimi vent’anni. Incontrandolo ho avuto conferma di una mia teoria che (riconosco) non ha nessun fondamento scientifico: il vino ha una capacità tutta sua di attirare a sé gli spiriti più nobili.
Alessandro, videomaker di stanza a Milano, prima s’innamora di Chiara, una ragazza di Cesio (entroterra ligure, sopra Imperia), poi di tutto il paese. Gira un documentario su Angein, un vecchio contadino che a 95 anni va ancora in campagna tutti i giorni e che nella vita ha lasciato Cesio solo una volta, per recarsi al fronte.
Poi Alessandro s’innamora di una piccola vigna abbandonata che, ai piedi di una collina, resiste eroicamente all’avanzata del bosco tutt’intorno. Decide di restaurarla. Se la fa dare in concessione dal proprietario (Francesco, il macellaio del paese) e a Natale dell’anno scorso inizia i lavori, raccontando ogni fase nel blog Barbera & Pigato. Pulizia delle sterpaglie, ripristino di pali e tiranti; poi al risveglio della vigna i trattamenti biodinamici, il sovescio e la potatura verde: tutto documentato attraverso parole, immagini e video. Ora la vigna, ribatezzata U Picettu Russu in onore dei tanti pettirossi che la frequentano, è pronta per la prima vendemmia coi suoi filari ordinati di pigato (di casa da queste parti), barbera e in minima parte moscato d’Amburgo e rossese.
E tutta Cesio fa un tifo sperticato per Alessandro. La gente arriva fino a U Picettu Russu per spronarlo, addirittura gli regalano botti e diraspatori, qualcuno perfino una vigna (e parliamo di liguri!). Con la speranza che il progetto si allarghi e che qui nella Valle Impero viti, e anche uliveti, tornino un giorno a riprendersi il paesaggio, come prima dell’abbandono delle campagne per l’industria negli anni 50. La stessa collina della vigna di Alessandro una volta era completamente vitata, ne sono una spettacolare testimonianza i tralci di vite che isolati spuntano dai rovi intorno, quasi fossero i resti di una civiltà perduta.
Dalla poca uva a disposizione per questa prima annata, finalizzata più al restauro che alla produzione, Alessandro otterrà circa una quarantina di litri di vino. Proprio per questo ha deciso di fare un rosato che contenga tutte le uve. Vinificherà separatamente i quattro diversi vitigni e poi li unirà in assemblaggio. La maturazione avverrà nel Clayver, una specie di anfora di ceramica che a detta di Alessandro garantisce una microssigenazione ideale.
Il vino, di cui ancora non si conosce il nome, sarà pronto in primavera. Probabilmente farà il suo esordio al Pastu, un appuntamento fondamentale per la comunità di Cesio. Si tratta di un grande pranzo il giovedì prima del venerdì santo, a cui partecipano solo gli uomini del paese (“non venivano esteri” dice Angein) e in cui si mangia e beve a volontà. Storicamente, dopo il pranzo gli stessi commensali facevano la processione. Poi quando un malcapitato, ubriaco, cadde nel fosso con tutta la croce, il parroco del paese capì che le due cose insieme non erano più compatibili. E allora abolì la processione.