Quella dei Barolo Boys, raccontata in questo grazioso film, fu una vera e propria rivoluzione, con relativo spargimento di vino. Barolo tradizionale e barolo modernista, sparsi in mille bicchieri e altrettanti dibattiti, per essere confrontati, stroncati o elogiati.
Successe che sul finire degli anni 80 un gruppo di giovani produttori si ribellò alla generazione dei padri e iniziò a fare un barolo totalmente diverso. Erano i Barolo Boys: Elio Altare, Luciano Sandrone, Roberto Voerzio, Giorgio Rivetti, la Barolo Girl Chiara Boschis e altri. Coadiuvati dall’importatore di vini italo-americano Marc de Grazia (Disgrazia per i nemici), misero a punto un barolo che rinnegava la tradizione. In vigna diradamenti per ottenere meno uva ma migliore, in cantina macerazioni brevi per non estrarre troppi tannini, e soprattutto l’utilizzo blasfemo della barrique, la botte francese da 225 litri, al posto delle classiche botti grandi (da 1200 a 2500 litri).
Il risultato: un barolo molto fruttato, più morbido e meno spigoloso, che non andava aspettato anni come quello dei padri. Che inorridirono. Il padre di Chiara Boschis smise di parlarle e quello di Elio Altare lo diseredò. I tradizionalisti dal canto loro risposero alle barrique con le barricate, secondo una celebre etichetta di Bartolo Mascarello, il principale esponente dello schieramento.
Ma intanto il barolo modernista spopolava, in particolare in America. Critici come Robert Parker e James Suckling, arbitri assoluti del gusto (facile), impazzivano per i profumi di vaniglia (senza considerare che erano della barrique e non del barolo) e davano i numeri… Fino ad arrivare ai 100 punti assegnati all’annata 2000 di barolo e barbaresco da parte di Wine Spectator. Lo stesso dicasi per la critica nostrana: i 3 Bicchieri divennero centinaia.
In Langa, oggi patrimonio dell’Unesco, allora terra di contadini che vendevano l’uva, arrivarono ricchezza e gloria. Ma fu vera gloria? Paolo Casalis e Tiziano Gaia, autori di Barolo Boys, lasciano a noi il giudizio. Il film si limita a ricostruire la storia con obiettività, facendo parlare i protagonisti di entrambe le fazioni, a parte il faccione e la voce narrante di Joe Bastianich (l’amico con cui ero al cinema appena l’ha visto ha esclamato: “Ma chi è quello!”).
Noi che siamo i posteri possiamo alla fine sentenziare. A parte gli aspetti positivi: aver innalzato la qualità media del barolo, aver fatto squadra e contribuito a diffondere questo vino nel mondo; rimane l’impressione di una bolla commerciale associata a una moda. Il mercato tirava da quella parte e da quella parte si andò. Oggi gli stessi Barolo Boys (diventati Barolo Men) stanno gradualmente tornando alla botte grande. Viva la rivoluzione… ooops… la restaurazione!
Mi piace molto !