E’ incredibile che l’isola portoghese di Madera sia più conosciuta per aver dato i natali a Cristiano Ronaldo che per il suo omonimo, straordinario vino. Eppure parliamo di qualcosa di unico al mondo (il vino, specifico): basti pensare che questo prezioso nettare ha per amici quelli che sono i nemici storici di tutti gli altri vini, ossigeno e calore; e come se non bastasse, vanta una storia secolare e un’origine davvero rocambolesca. Il Madera, infatti, è un vino fortificato nato per caso.
Andò pressappoco così. Quando i portoghesi alle prime smanie coloniali si misero per mare (1400), navigando nell’Atlantico s’imbatterono letteralmente nell’isola, a circa 600 km dalla costa del Nord Africa. La chiamarono Madeira, che in portoghese significa legno, per la quantità di foreste presenti. Inizialmente piantarono la canna da zucchero, poi l’isola divenne un unico grande vigneto. Sembra che il vino, grazie anche ai terreni vulcanici ricchi di magnesio, non fosse niente male, tanto che nel 1600 cominciò ad essere spedito nelle colonie del Nuovo Mondo. E qui viene il bello. Le botti di Madera che ritornavano sull’isola dopo un viaggio di mesi, cullate dal mare in stive infuocate dal sole, contenevano un vino più buono di quello di partenza. Succedeva che il calore lo ossidava, migliorandolo. Sembra folle ma iniziarono a produrre il vino concependo un invecchiamento di questo tipo: un lungo viaggio di almeno 6 mesi nelle Indie. Le botti prendevano il nome della nave (come se questa fosse un cru) e ricevevano un sigillo di qualità una prima volta che passavano l’equatore e una seconda, quando lo ripassavano al ritorno. Era il giustamente costosissimo vinho da roda (dal passaggio in botte al passaggio dell’equatore!).
Presto, inevitabilmente, si optò per un sistema d’invecchiamento più gestibile, il metodo canteiro, ancora oggi utilizzato per i Madera di qualità: posizionare le botti nei solai per far prendere loro più calore possibile. Nel 1700 intanto arrivano sull’isola i commercianti inglesi e, come per il Porto e il Marsala, avranno un ruolo fondamentale. Allo scopo di fare un prodotto gradito al loro mercato introducono una novità decisiva, la fortificazione: l’aggiunta di alcol durante la fermentazione per bloccarla e ottenere un prodotto più dolce e dalla gradazione superiore. Nasce il Madera come lo conosciamo oggi, uno dei vini fortificati più prestigiosi del mondo. Tanto che il 4 luglio del 1776 con un suo bicchiere viene festeggiata la dichiarazione d’indipendenza americana.
E’ questo il momento migliore per il vino Madera. All’epoca si contano sull’isola circa 70 produttori, ma già nell’800 inizia la crisi; arrivano oidio e filossera a decimare il vigneto e la follia proibizionista chiude il mercato principale, quello americano. Nel 900, è proprio il caso di dire, si tocca il fondo del barile: il Madera diventa un vino per cucinare (la madeira sauce); che è un po’ come avere in casa Belen e farle stirare le camicie.
Oggi appena 8 produttori cercano faticosamente di far tornare questo glorioso vino ai fasti di un tempo. Le difficoltà non sono solo quelle che incontrano storicamente i vini fortificati: un grado alcolico importante, una dolcezza spesso eccessiva, la confusione del consumatore di fronte a una giungla di tipologie, con in più l’aggravante portoghese, l’unico popolo più barocco di noi (decorano i personaggi del calcio balilla!). C’è anche un problema legato all’agricoltura dell’isola: i contadini preferiscono piantare la banana rispetto alla vite perché durante l’anno garantisce più raccolti (e relative entrate) in confronto all’unicum rappresentato dalla vendemmia. In più Madera sembra avere puntato tutto sul turismo con uno sviluppo edilizio mastodontico che sottrae terreni alla viticultura (se la scoprissero oggi i portoghesi dovrebbe chiamarla “Concreto Armado”: cemento armato). Tra residence, hotel, seconde e terze case… c’è anche spazio per il museo di Cristiano Ronaldo, che vi consiglio per l’aria condizionata.
Alla fine, è come se non ci fosse la necessaria consapevolezza delle potenzialità di questo grande vino e la reale capacità di valorizzarlo. Considerate che circa il 90% del Madeira prodotto è quello meno pregiato: non viene fatto con il metodo canteiro ma con quello industriale delle estufas (contenitori che riscaldano il vino a 45° per 3 mesi); viene utilizzato in prevalenza il vitigno a bacca rossa tinta negra, introdotto sull’isola dopo la filossera; l’invecchiamento in botte è più veloce. Sono i vari Sweet, Medium Sweet, Medium Dry e Dry (in base al grado zuccherino); o i leggermente più apprezzabili Finest (3 anni), Reserve (5 anni), Special Reserve (10 anni), Extra Reserve (15 anni); da menzionare infine i Colheita: tutta l’uva di una stessa annata e almeno 5 anni d’invecchiamento.
Ma concentriamoci ora sui Vintage o Frasqueira. Sono loro che hanno reso immortale il Madera; in tutti i sensi, visto che nel 2007 da Sotheby sono state battuti all’asta alcuni Bual di Blandy’s del 1792! Tutti i Vintage sono monovitigno e ottenuti dalle uve a bacca bianca tradizionali dell’isola: Malmsey (malvasia di Candia), Bual, Verdelho e Sercial; sono prodotti col metodo canteiro; invecchiano almeno 20 anni prima dell’imbottigliamento, anche se cominciano a dare il meglio dopo i 50. La fortificazione avviene tramite aggiunta di acquavite a 96°: per il Malmsey e il Bual dopo circa 3 giorni dall’inizio della fermentazione, per il Verdelho e il Sercial dopo 7. Non a caso i primi due sono le tipologie più dolci (prima si blocca la fermentazione e più zucchero rimane che non si è trasformato in alcol); questi in generale i valori del residuo zuccherino: Malmsey 120 gr/l, Bual 100 gr/l, Verdelho 80 gr/l, Sercial 60gr/l. Il tenore alcolico totale, dato dalla fortificazione, è per tutti intorno ai 20°. Un elemento di semplificazione è costituito sicuramente dalla bottiglia, uguale per ogni Vintage: nera, con il nome del vino e l’annata scritti in bianco; solo sul retro è indicata la cantina.
Quanto può durare un Madera di questo tipo? Da qui all’eternità, praticamente. D’Oliveiras per esempio, produttore storico dell’isola, ha imbottigliato il 1901 l’anno scorso, nel 2015. E’ proprio questo il segreto: il Madera a differenza del Porto non invecchia in bottiglia, ma in botti da 650 l, le pepitas. Qua subisce un processo di ossidazione, dato dal calore che riceve nei solai e dall’ossigeno che il legno lascia entrare. In sostanza, che cosa può succedere a un vino già ossidato? Nulla, se non quello di durare fino a quando non viene bevuto. E questa è anche la ragione per cui il Madera è l’unica bottiglia che si può conservare in piedi: anche se il tappo dovesse seccarsi e lasciar entrare l’aria, poco male.
Alla lunga vita del Madera Vintage contribuisce anche l’alcol, che da una parte agisce da conservante, dall’altra impedisce all’ossidazione di degenerare, e rimanere così solo una delle componenti del vino. In più c’è l’acidità, anch’essa dà longevità oltre a rendere il Madera più bevibile di tanti altri vini fortificati, soprattutto nelle versioni più secche come il Verdelho e il Sercial. Tutto dipende dalla tipica pergola con la quale in piccole e suggestive terrazze è coltivata l’uva: un tappeto verde che protegge gli acini dal sole cocente, ma al tempo stesso, sotto, rende la maturazione molto disomogenea, con tanti grappoli ancora acidi. In più i 1600 contadini conferitori che raccolgono la loro uva per poi venderla ai produttori passano una sola volta e pigliano tutto, senza selezionare (e magari pensano alle banane…).
Dopo averci tanto girato intorno, è il momento di entrare dentro un bicchiere di Madera. Il colore è l’ambrato classico dei vini ossidati (più è scuro e più il vino è dolce e invecchiato); al naso caramello, frutta secca, miele, poi quello che rilascia la botte: cioccolato, caffè, vaniglia; il sorso è pieno, concentrato, di una dolcezza a volte stucchevole, penso alle tipologie con il residuo zuccherino maggiore, Malmsey e Bual. Ma anche qui qualcosa si muove: alcuni produttori come Justino’s e Barbeito interpretano il Madera in senso un po’ più moderno, cercando di fare prodotti più leggeri e bevibili, con una buona acidità e un bel fruttato. Vi si contrappongono i tradizionalisti, D’OIiveiras in testa, con delle versioni basate sulla concentrazione e sulla dolcezza, oltre alle tipiche note tostate e bruciate. (Per una volta sto coi modernisti).
Qui sull’isola dicono che il Madera è un vino da bere prima e dopocena. Sul prima ci sarebbe qualcosa da dire: per loro le versioni più dry (Verdelho e Sercial) sono adatte come aperitivo, in realtà il residuo zuccherino è già significativo. Dunque è meglio considerare il Madera un vino dolce, da abbinare col dolce. Magari Verdelho e Sercial con la pasticceria secca, in alternativa con formaggi stagionati o erborinati; Malmsey e Bual invece coi dessert più ricchi e cremosi. Allo scopo di attenuare un po’ la sensazione di dolcezza andrebbe bevuto freddo, intorno ai 12/14°, un po’ come un nostro passito.
Non è facile trovare bottiglie di Madera qui da noi. Ma se il vino non viene da noi, siamo noi a dover andare verso il vino. Anche perché in questo caso, recandosi direttamente dai produttori, si possono assaggiare e acquistare prodotti davvero strabilianti. A prezzi non esagerati, o comunque decisamente più bassi dell’emozione che danno. Da Blandy’s per esempio un Bual del 1920 costa appena (e sottolineo appena) 600 €. Mezzo IPhone. E non fatemi aggiungere altro.
Tra le caratteristiche uniche di questo vino c’è anche questa: uno stock di vecchissime annate disponibili sul mercato, e soprattutto accessibili come costi. Cose che succedono solo a Madera e col vino Madera.
I PRODUTTORI
D’Oliveiras
Fondata nel 1850, è l’unica azienda a proprietà portoghese. Grazie a varie acquisizioni (l’ultima Barros e Sousa) hanno più vecchi vini di tutti, circa 1,5 milioni di bottiglie. Secondo il boss Luis D’Oliveiras tenere vecchie annate di Madera nelle botti è meglio che avere i soldi in banca: quando le quotazioni del vino salgono lui imbottiglia, se no lo lascia invecchiare ancora. La produzione si attesta sulle 150.000 bottiglie annue. Lo stile è estremamente classico: vinoni concentrati e dal residuo zuccherino imponente. Disponibili in cantina un Verdelho del 1850, un Sercial del 1862, un Malmsey del 1875 e un Bual del 1903.
Barros e Sousa
I produttori in assoluto più piccoli e artigianali, fanno all’incirca 3/4.000 bottiglie all’anno. Fondata nel 1922, l’azienda produce Madera solo dai vitigni storici a bacca bianca e solo col metodo canteiro. L’impostazione di conseguenza è tradizionalista, con una vena fruttata in più rispetto a D’Oliveiras. Non esportano, dunque le loro bottiglie si possono acquistare solo in cantina. Hanno anche qualche vecchia annata ma non si sa quale perché non c’è l’etichetta.
Henriques & Henriques
E’ l’unico sull’isola che possiede vigne di proprietà (Verdelho e Sercial), che vanno a coprire circa il 15 % del fabbisogno; per il resto si rivolge ai contadini conferitori come tutti gli altri. Dal 1850, anno della fondazione, interpreta il Madera allo stesso modo: un vino fortificato dolce, potente e di grande concentrazione. La produzione attuale si attesta su circa un milione di bottiglie all’anno. Per l’invecchiamento usano botti che hanno contenuto whiskey irlandese. Interessante lo stock di vecchie annate disponibili: Sercial del 1964, Bual del 1954 e del 1957, Verdelho e Malmsey del 1934, e una vera e propria chicca, un Malmsey del 1900 a 690 €!
HM Borges
Nata nel 1877, l’azienda è oggi capitanata da due donne, le cugine Helena e Isabel Borges. Circa l’80% delle 150.000 bottiglie prodotte annualmente sono del Madera più semplice, il Finest, a base Tinta Negra e con soli 3 anni d’invecchiamento. Lo stile è quello del passato, opulento e con un bel residuo zuccherino. Le vecchie bottiglie acquistabili si limitano a Sercial del 1979 e a Bual del 1977.
Madeira Wine Company
Fondata nel 1913 come associazione di produttori per promuovere il vino Madera nel mondo, raggruppa oggi diversi marchi, tra cui Cossart Gordon e Leacock’s. Il principale però è Blandy’s, che è anche il nome della proprietà. Il loro Madera pur essendo ricco e concentrato, non disdegna una certa bevibilità, che lo colloca un po’ a metà tra tradizionalisti e modernisti. La produzione annua della Madeira Wine Company è di circa un milione di bottiglie. Fedele alla mission delle origini, nella sede di Funchal c’è un piccolo museo dedicato alla storia del Madera e la possibilità di fare un tour approfondito. Tra le vecchie annate acquistabili diversi Bual (1959, 1958, 1948) e un Sercial del 1910.
Barbeito
Le origini risalgono al 1946, ma è nei tempi recenti che l’azienda ha trovato una sua identità stilistica precisa: puntare sul tradizionale metodo canteiro ma per fare vini fruttati e con una bella acidità, senza tra l’altro la classica aggiunta di caramello. Le bottiglie prodotte annualmente sono intorno alle 200.000, tra Finest (3 anni), Reserve (5 anni), Old Reserve (10 anni), Special Reserve (15 anni), Harvest e Vintage. Tra le vecchie annate acquistabili non andiamo oltre il 1978.
Justino’s
Altro produttore modernista. Ha iniziato l’attività nel 1953 e nel 2009 è stata rilevato dalla francese La Martiniquaise. La cantina è una delle più moderne e tecnologiche; lavora per il 90% l’uva Tinta Negra, il resto le varietà tradizionali bianche. Produce circa 3,5 milioni di bottiglie, tra cui anche Modified Madeira (con l’aggiunta di sale e pepe) per usi culinari. Dice Juan Teixeira, l’enologo dell’azienda, che ciò serve per guadagnare i soldi da investire nel Madera di qualità. Che ha uno stile facilmente riconoscibile, giocato sulla bevibilità, la freschezza e l’eleganza. Lo stock delle vecchie bottiglie prevede, tra l’altro, Verdelho e Bual del 1934, e Malmsey del 1933.
J. Faira & Filhos
Nati appena nel 2000, sono i più giovani di tutti. Più giovani addirittura di un Madera Vintage, che come abbiamo detto ha bisogno almeno di vent’anni di invecchiamento. Dunque in bocca al lupo per il futuro.
Due indirizzi sicuri dove trovare bottiglie di Madera sono Trimani a Roma, Via Goito 20; e l’Enoteca Cotti a Milano, Via Solferino 42.