C’è chi dice no (e non è Vasco Rossi): sono i produttori di vino naturale a cui è dedicato il nuovo film di Jonathan Nossiter, Resistenza Naturale.
Dicono no ai pesticidi in vigna, no all’aggiunta di solfiti e lieviti selezionati, no a tutti quegli additivi chimici (nella vinificazione convenzionale ne sono consentiti più di 200) per chiarificare il vino, disacidificarlo, dargli colore, irrobustirlo e chi più ne ha più ne metta. In una parola, resistono al vino industriale. E’ un movimento molto variegato (vini naturali, veri, biodinamici…) di circa 400 produttori, che comincia ormai ad acquisire una scomoda visibilità se è vero, come si ricorda nel film, che l’80% delle indagini da parte della Repressione Frodi sono indirizzate guarda caso verso questi vignaioli.
Jonathan Nossiter (quello di Mondovino) va a trovare e chiacchiera con quattro dei più rappresentativi: Elena Pantaleoni di La Stoppa, Giovanna Tiezzi di Pacina, Corrado Dottori di La Distesa e soprattutto Stefano Bellotti di Cascina degli Ulivi. La scena clou (oltre a quella dove i figli piccoli di Dottori assaggiano il vino dalla botte) è proprio quando li vediamo tutti riuniti a pranzo, mentre disquisiscono dai massimi sistemi alle beghe quotidiane di essere produttori resistenti: come il vedersi bocciati i vini dalla commissione DOCG con la formula da brigadiere, “non conforme”.
Ma il protagonista principale di Resistenza Naturale rimane Stefano Bellotti, con la sua bellissima faccia da cosacco, che non sfigurerebbe in un primo piano di Ejzenstejn. E’ stato il primo in Italia a fare vini biodinamici, non quando andavano di moda i vini naturali, ma i jeans a vita alta e i fuseau (30 anni fa). Scientificamente e poeticamente al tempo stesso, ci racconta in che casino ci siamo cacciati adottando in maniera sistematica prodotti di sintesi in agricoltura. Tutte sostanze che dalla terra finiscono nel nostro organismo, passando per la bocca. Vedere Stefano Bellotti con in una mano una zolla della vigna del vicino (color cemento armato) e nell’altra una zolla della sua (con il colore vivo della terra), fa capire subito da che parte stare.
Rispetto al precedente Mondovino, Resistenza Naturale è più un divertissement. Ha sicuramente più meriti enologici che cinematografici (aver acceso i riflettori su un certo tipo di vini).
Non riempirà le sale, ma si spera tanti calici. Di vino naturale.