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La bottigliata

vino-e-islamPrima di parlare di vino e Islam, invitiamo tutti a continuare ad essere infedeli: bere vino, ridere e fare l’amore. Non c’è reazione migliore all’orrore perpetrato nella redazione di Charlie Hebdo.
E’ un impegno molto piacevole che ci prendiamo prima di tutto per i vignettisti trucidati a causa delle offese a Maometto, poi per chi verrà dopo di noi, a cui non possiamo non tramandare quelle conquiste di libertà che abbiamo ereditato dalla nostra storia (se un titolo di Libero offende le nostre intelligenze a nessuno viene in mente di entrare in redazione e fare una strage).

Come modelli d’infedeltà potremmo prendere proprio quei poeti arabi che fregandosene del divieto del Corano, bevevano vino in abbondanza, oltre a dedicargli poesie. Come l’egiziano Omar Ibn al-Faridh (XIII sec.) che sconsigliava di allungare il vino con l’acqua, ma poeticamente di mescolarlo solo “alla saliva dell’amato”; o l’iraniano Omar Khayyam (XII sec.) che sembra rivolgersi proprio a un jihadista di oggi: “Sei fiero di non toccare mai vino, ma commetti cento peccati ben peggiori e senza gloria.” Ma si sa, i poeti da sempre hanno col vino un rapporto privilegiato, non così gli integralisti islamici: i più pericolosi astemi in circolazione, dai tempi di Hitler e Mussolini.

Eppure, se vino e Islam non fossero così distanti, quanto farebbe bene a questi lugubri imbecilli un bel bicchiere. Un assaggio di quello che potrebbe essere la vita a cui hanno rinunciato: gioia, piacere, bellezza, poesia, convivialità.
E che spettacolo sarebbe farli ubriacare una volta nella vita! Potremmo assistere magari a una clamorosa conversione: vederli entrare in osteria, armati di bicchiere, al grido “Bacco è grande!”

Nel Corano il divieto di bere vino è legato al fatto che offuscherebbe la lucidità. Come se ispirarsi ai suoi dogmi (parlo ai lugubri imbecilli) e sterminare la redazione di un giornale satirico per delle vignette sia un atto di lucidità estrema!
Il problema è sempre quello e riguarda tutte le religioni: i dogmi producono persone disturbate, nella peggiore delle ipotesi terroristi islamici, nella migliore Giovanardi. E per dirla tutta, al giorno d’oggi o le religioni si rassegnano alla secolarizzazione o diventano ridicole. Come nel racconto di Englander “Il Gilgug di Park Avenue”, dove il protagonista si converte all’ebraismo ortodosso e comincia a fare cose improbabili, tipo passare una sera andando su e giù in ascensore senza spingere il pulsante del suo piano perché è Sabbath; alla fine la moglie disperata gli chiede: “Non potevi diventare vegano?”

Tornando al rapporto tra vino e Islam, non si esaurisce tutto in una proibizione. Bandito sulla terra, il nettare di Bacco ricompare in cielo. Proprio come le vergini promesse ai martiri, chi ascende al paradiso troverà ad aspettarlo fiumi di prelibatissimo vino. Se è così, non ci resta che augurare agli assassini dei vignettisti di trovare vergini cesse e fiumi di Tavernello.

(Immagine: attivissimoblogspot.it)

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